Perchè si aumenta di peso in menopausa?

cambiamenti ormonali durante la menopausa portano, molto spesso, ad un aumento di peso (specialmente nella zona addominale) a causa dei livelli di estrogeni che iniziano a diminuire, rallentando il metabolismo. Tuttavia, i chili di troppo possono essere legati anche all’invecchiamento (e quindi alla perdita di massa muscolare), allo stile di vita, a fattori genetici, alla mancanza di esercizio fisico, e ad una dieta scorretta.

L’aumento del grasso viscerale (l’aumento quindi della circonferenza vita, la “pancetta”), è un campanello d’allarme della possibilità che si verifichi una maggiore predisposizione allo sviluppo di alcune patologie come ipertensione arteriosa, alterata glicemia a digiuno, insulino-resistenza e dislipidemie.

Si passa dunque, durante questa fase della vita, da una conformazione ginoide, detta anche periferica, sottocutanea o “a pera”,  tipicamente femminile, caratterizzata per una distribuzione delle masse adipose nella metà inferiore dell’addome, nelle regioni glutee ed in quelle femorali (in questo caso il grasso è presente soprattutto nel compartimento sottocutaneo, con conseguente elevato rapporto tra grasso superficiale e profondo) a quella di tipo androide o a mela , in cui la massa adiposa è concentrata nel viso, nel collo, nelle spalle e soprattutto nell’addome al di sopra dell’ombelico ( in questo caso ci sono un maggior numero di cellule adipose viscerali a differenza del tipo ginoide in cui si assiste alla presenza di accumuli di adipe a livello sottocutaneo). Quest’ultima è più pericolosa, per quanto riguarda le complicanze cardiovascolari e metaboliche, e il cambiamento importante in fase di menopausa, quando la produzione di estrogeni si riduce è proprio una maggiore incidenza dello sviluppo di queste patologie.

Alcuni studi recenti hanno mostrato che un accumulo di cellule adipose viscerali è più sensibile all’azione dimagrante, può essere smaltito più velocemente rispetto all’accumulo di grasso sottocutaneo. A differenza dell’obesità di tipo androide, quella ginoide è relazionata ad un rischio minore di insorgenza di malattie croniche ma spesso collegata ad alcuni tipi di problemi circolatori, soprattutto a livello di capillari, vene e flusso linfatico. Questo spesso fa sì che la cellulite si sviluppi più facilmente, problematica per la quale abbiamo sempre più pazienti con morfotipo ginoide che arrivano nei nostri studi.

Abbiamo fatto alcune domande in merito alla Dott.ssa Adriana Carotenuto, Biologa Nutrizionista, Dottore in Scienze della Nutrizione Umana, con ampia esperienza nel settore.

Dott.ssa Carotenuto, si può intervenire e/o migliorare con l’alimentazione?

Non esiste una dieta magica in grado di far scomparire in un attimo gonfiore, cellulite, buccia d’arancia e cuscinetti adiposi. La prevenzione però inizia senza dubbio dalla tavola: un’alimentazione adeguata assieme ad un corretto programma di attività fisica fanno si che pesantezza, gonfiori alle gambe e cellulite, causati da un rallentamento del circolo venoso possano essere prevenuti e in alcuni casi curati. É di fondamentale importanza l’assunzione di acqua durante la giornata. Consiglio sempre, in questi casi, di bere da 1,5 a 2lt di acqua al giorno che permette una buona diuresi ed un’eliminazione di sostanze tossiche e di rifiuto. Per chi soffre di “ritenzione idrica” è controindicato bere acque ricche in sodio ed è preferibile invece scegliere acque oligominerali che oltre al rapido assorbimento gastrico aiutano ad eliminare attraverso le vie urinarie i liquidi trattenuti dai tessuti. 

Il sale è il nemico numero uno in questi casi, bisogna quindi ridurre l’assunzione di sodio che trattiene acqua all’interno dei tessuti impedendo il corretto scambio di liquidi tra la cellula e l’esterno. Il sale contenuto negli alimenti copre già il nostro fabbisogno, quindi, sarebbe utile rispettare piccoli accorgimenti come evitare i cibi in scatola, prestare attenzione alle etichette nutrizionali degli alimenti escludendo quelli che presentano come primo ingrediente il sale anche sotto forma di altri nomi (sodio, fosfato monosodico, cloruro di sodio, bicarbonato di sodio, glutammato monosodico), ridurre il consumo di salumi, formaggi, bevande gassate, cioccolato e caffè. Rinunciare a un po’ di sale non significa fare a meno dei sapori perché può essere sostituito con gli usuali aromi da cucina quali: basilico, lauro, timo, prezzemolo, aglio cipolla che oltre ad avere numerose proprietà benefiche sul nostro organismo riescono a rendere altrettanto palatabili e gustosi i cibi. 

Sicuramente una dieta ricca di vegetali e fibre; consumare i legumi almeno due-tre volte alla settimana, se ben tollerati andrebbero consumati con la buccia che è ricchissima di antiossidanti. Consumare almeno una porzione di verdura a pasto, preferendo quelle crude e fresche poiché gli antiossidanti in esse contenute possono alterarsi o perdersi con la cottura.

Circa due, tre frutti al giorno, preferibilmente freschi e di stagione. La frutta ricca in acqua come anguria, melone e fragole che hanno un’azione diuretica, la frutta ricca in potassio come albicocca, ribes ananas e ciliegie che va a contrastare l’azione del sodio. Ma particolare attenzione va posta ai flavonoidi contenuti nei frutti di bosco, veri alleati di una buona circolazione in particolare il mirtillo che contiene sostanze vasotrofiche protettrici delle pareti dei vasi

Per chi ha gonfiore agli arti inferiori e adiposità localizzate ci sono delle possibilità dietoterapiche specifiche per ridurle o eliminarle?

La dieta mirata, che può essere eseguita solo dopo attenta valutazione di un Esperto, è la dieta chetogenica normoproteica VLCKD, in grado di favorire il miglioramento e in alcuni casi la scomparsa di questi inestetismi e patologie, grazie all’azione antinfiammatoria dei chetoni che aiutano a produrre. Inoltre, grazie al basso contenuto di zuccheri ingeriti, facilita l’eliminazione dei liquidi che ristagnano nel tessuto infiammato. Abbiamo un’assunzione quasi esclusiva di proteine con un apporto proteico nella norma 1,2 gr che obbliga l’organismo ad utilizzare le proprie riserve energetiche. Il ridotto apporto di carboidrati stimola quindi la lipolisi e la chetogenesi. In questa dieta i lipidi endogeni rappresentano la sola fonte di energia ed il loro catabolismo continua fino ad una loro consistente riduzione. Da non confondere con le diete iperproteiche contraddistinte da quantità eccessive e imprecise di proteine ed una scarsa attenzione alla qualità degli alimenti.