Obesità: da condizione sociale a malattia cronica riconosciuta

Con la Dott.ssa Adriana Carotenuto, Biologa Nutrizionista, scopriamo come l’obesità non sia più un giudizio, ma una malattia riconosciuta e curabile da trattare con scienza e sensibilità.

 Fino a pochi anni fa, parlare di obesità significava, quasi automaticamente, fare riferimento a stili di vita scorretti, abitudini alimentari non equilibrate e sedentarietà.
L’obesità veniva percepita come una conseguenza diretta delle scelte individuali, spesso accompagnata da un giudizio morale o da uno stigma nei confronti di chi ne era affetto. Oggi, tuttavia, il paradigma sta cambiando, e in Italia si è compiuto un passo fondamentale in questa direzione.

 

Il riconoscimento dell’obesità come malattia cronica

Recentemente, l’Italia ha riconosciuto ufficialmente l’obesità come una malattia cronica, un atto di grande rilievo clinico e sociale che ha attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale.
Ad oggi, l’Italia è l’unico Paese europeo ad aver adottato una posizione così chiara e formale in materia.

Questo riconoscimento non è solo una questione terminologica o amministrativa: rappresenta un cambiamento culturale profondo nel modo di intendere e affrontare l’obesità.
Significa passare da una visione estetica e comportamentale a una prospettiva biologica, multifattoriale e terapeutica.

 

Un nuovo approccio alla comprensione dell’obesità

Riconoscere l’obesità come malattia implica accettare che si tratta di una condizione complessa e multifattoriale, dove interagiscono:

  • Fattori genetici e ormonali, che influenzano il metabolismo e la regolazione dell’appetito;
  • Componenti psicologiche e comportamentali, come la gestione dello stress e la relazione con il cibo;
  • Determinanti ambientali e sociali, come la disponibilità di alimenti ipercalorici, la sedentarietà e le abitudini culturali.

Questo approccio supera il concetto di “colpa personale” e riconosce la sofferenza fisica ed emotiva che spesso accompagna chi vive con l’obesità, una condizione troppo a lungo sottovalutata o ridotta a un problema di forza di volontà.

 

Le implicazioni sanitarie e sociali

Il riconoscimento formale dell’obesità come patologia apre la strada a percorsi di cura più strutturati e accessibili all’interno del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), consentendo l’accesso a programmi di prevenzione, diagnosi e trattamento personalizzati.
Inoltre, questo cambiamento normativo contribuisce a ridurre lo stigma sociale, restituendo dignità e diritti a milioni di pazienti che, fino ad oggi, si sono spesso sentiti colpevolizzati o invisibili.

 

Una sfida di salute pubblica

I numeri parlano chiaro: in Italia oltre il 40% della popolazione adulta è in sovrappeso, e più di un cittadino su dieci è obeso.
L’obesità è dunque una vera emergenza sanitaria, con importanti ripercussioni sul rischio cardiovascolare, metabolico e infiammatorio.
Non si tratta più di un fenomeno individuale, ma di una sfida collettiva che richiede politiche di prevenzione, educazione alimentare e interventi multidisciplinari.

 

Un messaggio culturale e scientifico

Il riconoscimento dell’obesità come malattia rappresenta anche un messaggio culturale potente:
ricorda che la salute va tutelata in ogni sua dimensione e che il corpo non deve essere giudicato, ma compreso e curato.
È un invito a superare pregiudizi radicati e a promuovere una visione più empatica e scientificamente fondata del peso corporeo.

Con questa decisione, l’Italia ha compiuto un passo avanti coraggioso e necessario, ponendosi come apripista in Europa nel riconoscimento dell’obesità come malattia cronica.
Il prossimo obiettivo sarà tradurre questo riconoscimento in azioni concrete, attraverso programmi di prevenzione, percorsi di cura integrata e una maggiore formazione dei professionisti della salute.

Perché dichiarare l’obesità una malattia è solo l’inizio:
il vero cambiamento avverrà quando la società intera, dalle istituzioni ai cittadini, sarà in grado di affrontarla senza pregiudizi, con scienza, rispetto e responsabilità.