In vista della stagione estiva si rimette in moto la corsa alla prova costume e sempre più donne chiedono aiuto alla nutrizionista. Ma la tanto odiata cellulite è una vera e propria patologia?
Scopriamolo insieme alla Dott.ssa Adriana Carotenuto, Biologa Nutrizionista, Dottore in Scienze della Nutrizione Umana.
La PEFS (panniculopatia-edemato-fibrosclerotica) è una patologia di natura infiammatoria. Come ci aiuta a capire il suffisso “ite”, si tratta, in particolare, di un’alterazione del tessuto sottocutaneo o ipoderma con ipertrofia delle cellule adipose.
Essenzialmente la cellulite è provocata da un’alterazione del microcircolo, ma è causata da un insieme di fattori, in parte legati alla propria genetica, e quindi di tipo ereditario, ed in parte legati all’ambiente in cui viviamo ed alla dieta. Questi fattori causano un’alterazione del sistema venoso e linfatico che provoca il rallentamento del flusso sanguigno e la ritenzione (stasi) di liquidi negli spazi intercellulari dell’ipoderma ovvero nel tessuto, che esteriormente si presenterà a “buccia d’arancia”.
Ricorrere ad una soluzione chirurgica come unica terapia per la PEFS non porta a risultati soddisfacenti nel tempo. Anche in questo caso è l’integrazione terapeutica a garantirci i migliori risultati, avvalendoci di diete specifiche ed un’attività fisica che non tenda a sviluppare acido lattico: vietata ad esempio la corsa o gli sport in bicicletta!
La prevenzione inizia sicuramente a tavola.
Un’alimentazione adeguata ed equilibrata, unitamente ad un buon programma di attività fisica può riuscire a ridurre e prevenire molti dei disturbi causati da un rallentamento del circolo venoso.
Il consumo di frutta e verdura risulta fondamentale, prediligendo gli alimenti ricchi in antiossidanti e fibre. Tra questi, va sicuramente sottolineata l’importanza dei flavonoidi per le loro proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e vasoprotettrici. I flavonoidi sono anche detti flebotonici perché rappresentano la terapia di fondo della stasi venosa cronica e da sempre sono considerati il cardine della terapia dell’insufficienza venosa. Essi esplicano la loro azione prevalentemente a livello dei capillari e delle venule postcapillari. A questo gruppo appartengono la DIOSMINA, la QUERCETINA, la ESPERIDINA e le ANTOCIANINE di mirtillo.
I flavonoidi più comunemente utilizzati in specialità medicinali quali capillaroprotettori sono la diosmina e gli antociani che ritroviamo nei limoni, nelle arance, nei pompelmi, negli agrumi, nei mirtilli e nei frutti rossi. In associazione ad essi è necessario sottolineare l’importanza dell’acqua: berne due litri al giorno è fondamentale per consentire una buona diuresi ed eliminare le sostanze tossiche e di rifiuto.
È altresì importante, in aggiunta, privilegiare acque oligominerali che oltre al rapido assorbimento gastrico aiutano ad eliminare attraverso le urine i liquidi trattenuti dai tessuti.
Il sale è, invece, il nemico per eccellenza della cellulite. Esso, trattenendo acqua all’interno dei tessuti, infatti, non consente un corretto scambio di liquidi tra le cellule e l’esterno. Secondo l’OMS l’assunzione giornaliera di sale dovrebbe essere inferiore a 5-6 g di NaCl (cloruro di sodio) = 2,4 g di Na (Sodio), cioè un cucchiaino di sale da cucina.
Evitiamo, quindi, cibi in scatola, e prestiamo attenzione alle etichette nutrizionali degli alimenti, escludendo quelli che tra i primi ingredienti contengono sale, spesso sotto forma di Sodio, Cloruro di Sodio, fosfato monosodico, bicarbonato di sodio o glutammato di sodio.
Un protocollo specifico, oramai ampiamente studiato per questa patologia è la dieta chetogenica VLCKD, come quella del Metodo Kalibra®, che, ricordo, va sempre eseguita sotto stretta sorveglianza del medico-nutrizionale.
L’assunzione di alimenti ricchi in proteine fornisce un apporto calorico molto basso ed obbliga, infatti, l’organismo ad utilizzare le proprie riserve energetiche. Quindi, il ridotto apporto di carboidrati stimola la lipolisi e la chetogenesi, fornisce energia al cervello ed ai tessuti e protegge la massa muscolare, grazie all’apporto amminoacidico-proteico ad alto valore biologico.
Nelle diete chetogeniche, i lipidi endogeni rappresentano la principale fonte di energia e il loro catabolismo continua fino ad una loro consistente riduzione. Il risultato di questa dieta, da non confondere con quelle iperproteiche contraddistinte da quantità eccessive ed imprecise di proteine ed una scarsa attenzione alla qualità degli aminoacidi, è in genere costante e permette di perdere tra il 7 e il 10% del peso di partenza nell’arco di soli 21 giorni.
A tale dieta venne, infatti, attribuito il nome di “Liposuzione alimentare” alla fine degli anni ’90, avendo constatato, in centinaia di casi, un riequilibrio della silhouette sia nelle donne ginoidi che nel maschio in sovrappeso con caratteristiche di tipo androide. Per meritare la definizione di “Liposuzione Alimentare” significa che tale dieta colpisce quelle zone del corpo, maschili e femminili, dove il tessuto adiposo presenta un metabolismo diverso rispetto alle altre parti dell’organismo accumulando grasso in eccesso.
In questo modo è possibile ottenere un vero dimagrimento a scapito della massa grassa.